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Efficacia riflessa del giudicato

Con una recente ordinanza (n. 1099 del 20 gennaio 2020) la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema dell’efficacia riflessa della sentenza passata in giudicato resa tra il creditore e uno dei condebitori solidali (v. art. 1306 c.c.).

Nel caso di specie, il ricorrente (condebitore in solido condannato, con sentenza passata in giudicato, al pagamento nei confronti del creditore), ha agito in giudizio proponendo azione di regresso nei confronti degli altri coobbligati in solido e chiedendo (invocando l’efficacia riflessa, nel giudizio di regresso, della sentenza resa tra esso ricorrente ed il creditore) il pagamento in suo favore, a titolo di rivalsa pro quota di quanto da lui corrisposto al creditore.

Risultato soccombente in appello, il condebitore in solido ricorreva allora alla Suprema Corte, la quale – tuttavia – ha espressamente ritenuto priva di fondamento la tesi sostenuta dal ricorrente.La Corte, in particolare, dall’analisi letterale dell’art. 1306, comma 1 c.c. [“la sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori”], argomenta che “il condebitore solidale, rimasto estraneo al giudizio, non è vincolato dalla sentenza e tuttavia può invocarla, opponendola al creditore comune, se la ritiene favorevole, purché si fondi su ragioni comuni a tutti i condebitori solidali e non solo al condebitore coinvolto nel giudizio”.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione si è espressa ripetutamente sulla questione affermando che il principio della cosiddetta efficacia riflessa del giudicato è ravvisabile solo quando tra due giudizi sussiste un nesso di pregiudizialità-dipendenza giuridica e legittima l’efficacia del giudicato nei confronti di soggetti diversi. Un forte orientamento giurisprudenziale ammette l’estensione dell’efficacia del giudicato a soggetti estranei dal processo solo se sono titolari di un rapporto giuridico dipendente, subordinato, non autonomo rispetto a quello definito nella decisione irrevocabile.

La questione – con specifico riferimento alle ipotesi dei condebitori solidali – ha visto contrapporsi la dottrina alla giurisprudenza; la giurisprudenza ha interpretato in senso più restrittivo l’art. 1306 c.c., affermando che i condebitori che non hanno partecipato al giudizio assumono la veste di soggetti estranei e per questo non sono tenuti a subire gli effetti della cosa giudicata. La dottrina invece si è espressa in senso meno “rigido”, sancendo il principio che il giudicato che si è formato tra il creditore e il coobbligato ingiunto può far stato nei confronti degli altri coobbligati, restando attesa comunque la discutibilità del principio dell’assoluta indifferenza e inefficacia della sentenza pronunciata fra creditore e condebitore nel giudizio di regresso da quest’ultimo intrapreso verso un altro condebitore.

Venendo più nello specifico nel caso di specie, La Corte di Cassazione, in conclusione (aderendo alla impostazione giurisprudenziale testé ricordata), ha affermato che “l’orientamento tutt’ora prevalente è nel senso che il condebitore, convenuto con l’azione di regresso, potrà opporre le sue ragioni personali, mentre la sentenza pronunciata fra creditore e condebitore non ha effetto per gli altri condebitori, salvo che siano essi stessi a volerla opporre al creditore e purché non sia fondata su eccezioni personali al condebitore escusso”. 

ordinanza Cass. civ. 1099:2020