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Garanzia su passività “occulte” nell’ambito della compravendita di quote sociali

Con sentenza dello scorso 27 marzo (n. 2211/2020), la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di compravendita di quote sociali ed, in particolare, sulla garanzia convenzionale prestata da un terzo in favore degli acquirenti.

Sul punto, la Suprema Corte ha espressamente ritenuto la domanda proposta dagli attori priva di fondamento, non rilevando la prova dell’esistenza dei presupposti di operatività della garanzia convenzionale da questi invocata.

Tale garanzia convenzionale – avente ad oggetto l’assenza di passività ulteriori rispetto a quelle dedotte nel contratto di cessione – può essere, invero, validamente invocata solo se gli acquirenti dimostrano l’effettivo danno subìto. Così si pronuncia la Corte: “l’operatività della garanzia presuppone, dunque, la dimostrazione in giudizio da parte degli autori non solo del fatto che siano emersi debiti diversi da quelli contemplati nella situazione patrimoniale (…) ma anche del danno subito nella loro sfera giuridica in conseguenza dell’emersione della passività non dichiarata per aver dovuto farvi fronte personalmente ovvero per la diminuzione del valore della partecipazione acquistata”. Ciò premesso, la Corte rileva altresì come, nel caso di specie, non sia stata fornita alcuna prova che la società o gli attori abbiano effettivamente corrisposto la somma in questione e, di conseguenza, subìto il danno oggetto della richiesta di indennizzo.

La Suprema Corte chiarisce inoltre che – per l’accertamento di passività sociali ulteriori rispetto a quelle risultanti dalla situazione patrimoniale allegata al contratto di cessione di quote sociali – deve essere fornita la prova della circostanza che le passività contestate siano “effettivamente diverse e ulteriori rispetto a quelle risultanti dalle scritture contabili di cui le parti erano a conoscenza nel momento in cui si è perfezionato l’accordo.

Cass. civ., sent. n. 2211-2020