Decreto Rilancio e Marchi storici di interesse nazionale
A distanza di pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 17 Luglio 2020, n. 77, di conversione del c.d. Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34), un breve commento sulla disposizione relativa al “marchio storico di interesse nazionale”.
Si tratta dell’art. 43 del Decreto Rilancio (rimasto sostanzialmente invariato anche a seguito della conversione del Decreto in Legge), con il quale viene istituito – al fine di salvaguardare i livelli occupazionali nonché di consentire la prosecuzione dell’attività d’impresa – un Fondo “finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale iscritte nel registro di cui all’art. 185-bis del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e delle società di capitali, aventi un numero di dipendenti non inferiore a 250, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria”. Dalla lettera della norma emerge dunque che, come chiarito ed evidenziato anche dal MISE, i marchi storici hanno un accesso privilegiato al Fondo, non applicandosi il limite di accesso dei 250 dipendenti previsto invece per le altre società di capitali.
Nel riferirsi ai marchi storici di interesse nazionale, il Decreto richiama l’art. 185-bis del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (il Codice di Proprietà Industriale). Tale norma istituisce “presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi, il registro speciale dei marchi storici come definiti dall’articolo 11-ter”. Il secondo ed ultimo comma dell’articolo precisa altresì che l’iscrizione a tale registro speciale deve essere effettuata su istanza del titolare o del licenziatario esclusivo del marchio.
Giova ricordare, a tal riguardo, la definizione di marchio storico di interesse nazionale fornita dall’art. 11-ter del Codice della Proprietà Intellettuale: “I titolari o licenziatari esclusivi di marchi d’impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale, possono ottenere l’iscrizione del marchio nel registro dei marchi storici di interesse nazionale di cui all’articolo 185-bis.
Come si evince anche dal Decreto Ministeriale 10 gennaio 2020, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico al fine di disciplinare l’iscrizione nel registro di cui all’art. 185-bis del Codice della Proprietà Industriale, il marchio storico di intesse nazionale si differenzia dai marchi ed, in generale, dai diritti di proprietà industriale. L’art. 6 del citato Decreto Ministeriale, invero, chiarisce espressamente come “il logo “marchio storico di interesse nazionale” non costituisce un titolo di proprietà industriale”; ne consegue che l’iscrizione nel registro non fa sorgere un diritto di esclusiva ma vale semplicemente quale attestato di storicità.
L’art. 43 del Decreto Rilancio (sopra riportato), prevede altresì, al comma 6 che: “L’ articolo 185-ter del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è abrogato. Il primo periodo dell’ articolo 31, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, è abrogato”.
Con l’abrogazione dell’art. 185-ter del Codice della Proprietà Industriale, dunque, veniva dunque abolito il “Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale”. Con tale Fondo (peraltro mai divenuto operativo) si prevedeva che allo Stato fosse attribuita una dotazione di 30 milioni di euro per entrare nel capitale di rischio delle imprese aventi i requisiti per l’iscrizione nel registro dei marchi storici di interesse nazionale. Si imponevano altresì alle imprese (a fronte di importanti sanzioni pecuniarie) obblighi di informativa al Ministero dello Sviluppo Economico in caso di cessazione o delocalizzazione delle attività produttive.
Con il Decreto Rilancio, tale fondo è stato sostituito con il “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa” di cui all’art. 43 in commento. Tale nuovo Fondo (che diventerà operativo a seguito di relativo decreto attuativo adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico), a differenza di quello di cui alla norma abrogata, si attiverà solo su richiesta delle imprese interessate e senza obblighi di informativa preventiva.